L’Italia e la produzione video per il web: una relazione complicata.
Il web non è il futuro della produzione video. E’ il presente.
La crisi della tv tradizionale non è certo una novità e se da un lato eventi ‘liturgici’ quali il Festival di Sanremo o i campionati Europei di calcio, per citare i più recenti, vengono ancora fruiti per lo più attraverso il televisore, è indubbio che una buona fetta di pubblico è in fuga dalla tv e non si tratta solo di giovanissimi che hanno eletto a propri idoli i tanti Youtuber che affollano la rete, ma anche adulti attratti dall’offerta on demand di Netflix e affini.
Contenuti video per il web italiano: limiti.
Il grosso limite delle produzioni video per il web in Italia è la sua monodimensionalità: si cerca sempre e solo di strappare una risata e se da un lato vi sono eccellenze come The Jackal, The Pills o Il Terzo Segreto di Satira, nelle cui produzioni vi è un’elevata cura della scrittura e della realizzazione del prodotto finale, dall’altro vi è troppa approssimazione e monotonia da parte di collettivi comici che pure riscuotono un notevole successo in termini di visualizzazioni.
Il web è anche altro(ve): mini documentari e brand film.
Analizzando le varie piattaforme di video sharing come You Tube e Vimeo (la cui sezione ‘Staff Picks’ è un vero gioiello) ci si rende conto di come accanto ai classici Youtuber dediti al facile intrattenimento (e che hanno vari ‘cloni’ più o meno riusciti in giro per il mondo) ci sono anche utenti che propongono contenuti di ben altro spessore.
Ad esempio il genere del mini documentario, pressoché sconosciuto in Italia (spesso non ci sono neanche delle sezioni dedicate nei programmi dei Festival), è invece piuttosto rilevante all’ estero, grazie al lavoro di filmmaker come Philip Bloom e altri che hanno dato una dignità artistica al genere.
Parente stretto del mini doc è il brand film, che all’estero ha definitivamente soppiantato il vetusto genere del video aziendale, che invece in Italia si continua a richiedere ignorandone l’inefficacia e sottovalutando, al contrario, le potenzialità di uno storytelling costruito sul prodotto (o servizio) che abbia un taglio documentaristico e non sia uno sterile elenco di dati e statistiche.
Ovviamente vi sono delle eccezioni e personalmente mi è capitato di collaborare con un’azienda dalla visione decisamente più ampia dell’advertising come Franco & Franco srl, per la quale ho realizzato una serie di brand film.
Un ulteriore sguardo verso l’estero: il web e i nuovi broadcaster.
Come detto, l’estero e soprattutto gli USA sono ben più di un passo avanti rispetto all’Italia nel modo di intendere la produzione per il web e vi sono diverse realtà decisamente interessanti.
AJ+ • La piattaforma web di Al Jazeera. Contenuti vari e curati che vanno dal mini documentario al video giornalismo, fino a format originali pensati e prodotti per il web come ’60 Seconds Docs’. E’ disponibile anche una app per iOS e Android in modo da poter fruire dei contenuti anche da mobile.
The New Yorker Video • Nell’ultimo anno Condé Nast attraverso il New Yorker ha deciso di puntare decisamente sui video. Il risultato è una piattaforma video di alto livello, con contenuti estremamente vari (politica, cultura, tecnologia) e format originali concepiti per il web quali ‘Three Minutes Life’ o ‘The New Yorker Presents’.
Time Magazine • La piattaforma video di Time Magazine ha una struttura più simile ad un portale di informazione, essendo più orientato verso il reportage giornalistico, con una varietà di temi pressoché illimitata.
Times Videos • Il New York Times ha scelto una linea editoriale ‘ibrida’ che si colloca a metà strada tra l’ortodossia giornalistica di Time Magazine e la produzione di format alternativi propria di AJ+, come dimostrano i numerosi mini documentari prodotti .
Red Bull Tv • Tra le prime aziende a credere nel branded content, Red Bull è ormai un’istituzione nel campo del mini documentario e del reportage, con contenuti modellati sul pubblico di riferimento (teenager e giovani) che spesso e volentieri fruisce dei contenuti tramite app e console (ma solo in USA per il momento).
Vans Off The Wall • Linea d’abbigliamento fortemente targettizzata, da anni investe nella produzione di contenuti video orientati verso il suo pubblico di riferimento (per lo più appassionati di x-sport) e decisamente brandizzati. Vans ha deciso di non creare un portale web, ma ha preferito essere presente sulle maggiori piattaforme di video sharing: Vimeo e You Tube
E in Italia? Incertezze e progetti in stand-by.
La situazione in Italia è ben diversa: Repubblica Tv ha sostanzialmente un approccio ‘televisivo’, rendendo i contenuti molto simili ad un servizio confezionato per un notiziario, mentre il progetto ‘social’ della Tv di Stato Storie di Ray stenta a decollare.
Ben più interessante è il progetto targato Condé Nast (stesso gruppo editoriale dietro la piattaforma video del New Yorker) ovvero Condé Nast Live, più aderente ai progetti di oltreoceano, ma che ultimamente pare essersi interrotto, infatti al momento non è possibile caricare contenuti video.
Prospettive: ‘Stories are everywhere’
Siamo arrivati ad un punto in cui nuove forme di produzione video, non si possono più ignorare e vi è un ampio spazio per il cosiddetto microfilmmaking, quindi in Italia andrebbero superate diffidenze di sorta per mettersi al passo con gli standard dettati Oltreoceano.
I brand sono destinati a vestire sempre più spesso i panni degli editori e come tali devono essere attenti alle evoluzioni del mercato, coadiuvati anche dalle adv agencies (e in Italia ne abbiamo di ottime) che dovrebbero spingere per contenuti che siano di ‘rottura’ rispetto al passato.
Allo stesso tempo la documentaristica italiana dovrebbe cominciare un processo di svecchiamento, aprendosi a forme espressive più moderne e ricordando che, dopo tutto, le storie sono ovunque.